I FUTUROLOGI, parte terza: le TECNOLOGIE secondo Gerd Leonhard

Gerd Leonhard

Che parte avrà la tecnologia nel futuro? Ci serve davvero? E di quale tipo di tecnologia abbiamo bisogno veramente? Anche se scrivere un articolo su “Tecnologia VS Umanità” di Gerd Leonhard è del tutto riduttivo, voglio affrontare alcuni temi da lui trattati per capire come stanno le cose in merito alla tecnologia.

Ultimamente mi piace pensare che viviamo in un mondo pieno di comodità. Se quando ero bambino portarsi una bottiglia di acqua, nel vetro, era un’impresa, oggi con la plastica tutto diventa molto semplice. Se possiamo portarci un telefono in tasca per chiamare chi vogliamo, va detto che solo 30 anni fa era una cosa impensabile, anzi, spesso, la telefonata che ti cambiava la vita era una faccenda legata allo stare in casa o alla collaborazione della nonna o della mamma che in casa ci stavano più di te.

Oggi invece possiamo passeggiare dove vogliamo, portandoci praticamente un microcomputer in tasca, cosa che ai tempi della “Compagnia dei celestini” di Stefano Benni poteva essere nulla più che un modo di sfottere i giapponesi e la loro passione per la miniaturizzazione.

E’ interessante quindi la comodità data dalla tecnologia, ma tale aspetto ha socialmente un prezzo da pagare, non solo in termini economici (bollette, costo del telefonino, cover, caricatori, e altri ammennicoli), quanto nel fatto che la persona non è più libera di stare “da sola”, isolata, perchè è rintracciabile ovunque.

La cosa è di certo cominciata durante la rivoluzione francese, quando il nuovo stato, che aveva concepito un ordine sociale diverso dal precedente, tanto da cambiare i nomi ai giorni della settimana, le stagioni, e i mesi, aveva cominciato a controllare paranoicamente i suoi cittadini, e questo solo perché la grandissima crisi economica ingenerata dalla loro chiusura delle frontiere, aveva bloccato i flussi di denaro nel sistema economico nazionale.

Questo blocco infatti era stato creato anche per seguire e anche fermare il grande flusso di persone straniere, specie i “francesi delle colonie”, i quali, a dire dei rivoluzionari, non dovevano avere gli stessi diritti dei francesi veri. Così inventarono “il passaporto” una carta che ovviamente serviva a identificare la persona e poichè non esisteva la fotografia, si affidarono a un semplice schema, quello della descrizione fisica antropometrica: altezza, carnagione, peso, colore degli occhi, dei capelli e segni particolari.

Pierre Gaxotte

Interessante come Pierre Gaxotte affermi in un suo libro che il nuovo stato fosse per la prima volta interessato al colore degli occhi dei suoi connazionali. Tutto questo per dire che con il tempo questa pratica di voler/dover identificare la persona, si è sviluppata in maniera molto più precisa, con la fotografia, e poi con l’impronta digitale, e infine con una identità elettronica registrata da un computer. E’ infatti sufficiente digitare su una tastiera il nome di una persona le sue coordinate (data di nascita, codice fiscale, ecc…) per avere un numero imponente di notizie.

Anche se questo aspetto viene oramai dato socialmente per assimilato, contiene aspetti sociali così importanti, che se vedessimo qualcuno all’ufficio anagrafe registrare una persona scrivendo a mano “nome e cognome” di una persona su un librone cioè un registro, ci metteremmo a ridere e magari penseremmo che siamo tornati al medioevo.

Eppure questo semplice esempio contiene molteplici sfaccettature che diamo per scontate, e uno di questi è il concetto di Megashift, molto ben descritto da Leonhard, ovvero il passaggio da una condizione tecnologica a un’altra in maniera radicale.

Una serie di megaschift famosi potrebbero essere riassunti in alcuni avvenimenti dell’uomo, ovvero il passaggio dalla pietra al rame, quindi al bronzo e infine al ferro. Un altro megaschift altrettanto famoso è quello dalle candele al gas o al vapore, e quindi all’elettricità e all’elettronica. Il problema è che i megashift nel tempo si sono avuti con lente progressioni durate decenni, se non addirittura secoli, cosa che consentiva un’adeguata assimilazione nella società. Mentre ora per fare un solo esempio il passaggio dal telefono al telefonino è stato in maniera rapidissima, invece quella dal telefonino allo smartphone potremmo dire che è avvenuta con violenta immediatezza.

Quali ricadute avranno allora i prossimi megashift sulla società? E i governi, a causa di questi rapidi cambiamenti, ne approfitteranno? In Italia un megashift potente che in Europa è da dirsi unico, è già avvenuto, e si chiama fatturazione elettronica, che sta dando molti problemi a chi lavora e pare nessun vantaggio dal punto di vista dell’evasione fiscale, se non quello di dare allo Stato un miglior controllo dei soldi guadagnati dalle persone. Quella fantomatica evasione fiscale di cui si parla da decine di anni, ora sta diventando decisamente più difficile, ma il lavoro per la gestione delle contabilità si è complicato molto. C’è da sperare che i millennials (i nati dal 2000 in poi) riusciranno a gestire con più facilità, rispetto ai nati nel ‘900.

Ma non sono solo i megashift che impensieriscono Leonhard e con molta franchezza anche chi scrive, sono piuttosto le seguenti problematiche:

  1. i megashift non sono e non saranno mai reversibili (non torneremo a scrivere con il pennino e il calamaio, fatevene una ragione);
  2. stiamo andando verso un’automazione di tutta la società o di gran parte di essa e con questa non potremo dialogare;
  3. i problemi etici saranno innumerevoli e si dovranno risolvere in qualche modo, sia con leggi, che con regolamenti, che con meccanismi in cui l’uomo starà fra la macchina/computer/automazione, e chi ha bisogno di aiuto, per vigilare l’imperfezione dell’agire umano (cosa che personalmente mi fa ancora amare l’umanità e odiare i sistemi sociali automatici e impersonali) e la rigidità del sistema automatizzato;
  4. se venisse a mancare l’energia i grandi sistemi sarebbero in enorme difficoltà. Parallelamente stiamo perdendo delle abilità umane che è di fatto un impoverimento sociale e culturale;
  5. pare che uno dei prossimi megashift digitali di portata mondiale, quelli irreversibili che le persone anziane e anche quelle di mezza età faranno fatica ad assimilare avverrà nei prossimi 5-7 anni, cosa che metterà in crisi parecchie persone, in quanto ogni sovvertimento degli stili di vita consueti porta a crisi psicologiche e comportamentali che con ogni probabilità avverranno a livello di massa.

Non ho stilato questo elenco per spaventare chi legge, quanto perchè la tecnologia che ci portiamo al guinzaglio con orgoglio, ci consente sì di vivere con grande elasticità, ma comporta un livello di complicatezza globale che sfugge ai controlli sociali e allo stesso tempo corrobora il desiderio di nascondimento burocratico, unito a una immensa voglia di fuggire dal pianeta terra a gambe levate.

Leonhard pertanto si chiede molto candidamente e con una certa preoccupazione: siamo pronti? Ci stiamo rendendo conto? Pensate che vada tutto bene? Non sentite un certo disagio? Il tasso di vecchiaia digitale a quale età comincerà?

Un cinquantenne come me, che non sa nulla di programmazione e di hackeraggio di sistemi, potrà mai competere con un giovane di 14 anni fanatico e smanettone del computer? Su quale terreno dialogheranno queste due generazioni? C’è anzi da chiedersi se mai riusciranno a dialogare e in che modo. Il prossimo ministro dell’innovazione tecnologica avrà meno di vent’anni fra una generazione? E se sarà così giovane, avrà una maturità umana (non digitale, che forse avverrà verso i dieci anni di età) tale da poter affrontare i temi etici in modo adeguato?

In ultima analisi non possiamo non parlare di una importante conseguenza della corsa tecnologica, ovvero: assistendo al cambiamento sociale dato dalla tecnologia, la vita reale come sarà? In che maniera dipenderà da questi aspetti tecnologici? Il mondo proverà a limitarne l’uso? Spesso ho provato a dirmi che paradossalmente un buon quaderno di appunti è più sicuro di un libro digitale, in quanto senza l’elettronica un quaderno è pressoché inviolabile, al pari di una tavoletta d’argilla incisa con caratteri cuneiformi.